Piano nomadi: viaggia verso il fallimento una politica fatta solo di sgomberi indiscriminati e dai contorni razzistici

27 aprile 2011 – Ho più volte sostenuto che il Sindaco Gianni Alemanno ha tutto il diritto di scegliere la sua linea di azione in base al mandato popolare che gli è stato conferito ma, da giornalista e critico, mi permetto di fare alcune osservazioni in merito all’attuazione del Piano Nomadi varato dall’amministrazione capitolina. È evidente a tutti che i rapporti tra la popolazione Rom e i cittadini romani stanno notevolmente peggiorando a causa degli sgomberi in corso, che appaiono più una persecuzione verso una razza, che un modo di risolvere i problemi di chi vive in condizioni indigenti e di povertà assoluta. Lasciamo da parte, per il momento, il discorso dei passi da fare per arrivare ad un’integrazione che, spesso, non viene accettata dai nomadi stessi perchè troppe volte trincerati sul loro stile di vita e sulle loro tradizioni. Abbiamo già parlato in un altro articolo su come avremmo investito, in maniera diversa e più proficua, i milioni di euro impegnati per l’attuazione del Piano Nomadi. Analizziamo ora solo quello che è scritto su detto Piano e sulle promesse fatte dal Sindaco di Roma ai cittadini che vivono a stretto contatto con gli insediamenti Rom. Il progetto del Sindaco prevedeva l'incremento dei campi attrezzati fino a 13: la realizzazione di 6 nuovi campi più la sistemazione di 7 campi attrezzati già esistenti. A tal fine l’amministrazione comunale indisse un bando per reperire aree private finalizzate alla costruzione dei nuovi insediamenti. Ma costruire nuovi villaggi autorizzati crea mal contento sul territorio che equivale a perdita di voti, soprattutto per quelle forze politiche che avevamo incentrato la campagna elettorale sulla soluzione del problema dei Rom. Un malcontento frutto di un livello di aspettativa sbagliato per un problema troppo complesso e dalle mille sfaccettature. Finisce così che l’unico degli interventi previsti nel piano, che è stato attuato con ferma determinazione, è la chiusura degli insediamenti abusivi che ha portato come conseguenza alla moltiplicazione dei micro-campi presenti nella città. Invece, la ristrutturazione dei villaggi autorizzati, che prevedeva una serie di interventi (livellamento delle strade, adeguamento di fogne, impianti elettrici e idrici, pubblica illuminazione, manutenzione e installazione di nuove unità abitative), appare ancora molto in ritardo. Per ovviare alla mancanza di posti per gli aventi diritto, è stata ideata la “furbata” di trasferire solo donne e bambini nei centri di accoglienza separandoli dagli uomini, sapendo già che il forte vincolo familiare presente nelle tribù nomadi avrebbe impedito la separazione dei nuclei Rom. Questo rifiuto ha fatto in modo che i pochi posti disponibili riservati all’accoglienza non venissero mai occupati. Avendo disponibili detti posti l’amministrazione comunale si è sentita legittimata a continuare con nuovi sgomberi dal vago sapore razzistico, in barba a tutte le leggi internazionali che tutelano le persone Rom. Tutto ciò ha causato una risposta negativa dei nomadi, giustificando il vittimismo di chi si sente perseguitato, e ha scatenato una reazione violenta che li ha portati a vendicarsi verso chi in questa storia è vittima quanto loro. Stiamo parlando del massacro del territorio per i continui roghi appiccati alle discariche, ignorati dall’amministrazione capitolina e dalle forze dell’ordine. Desideriamo chiedere al sindaco Gianni Alemanno che fine abbiano fatto le bonifiche delle aree liberate, la trasformazione in punti verdi qualità e la realizzazione di presidi di vigilanza e socializzazione. Se le aree venissero bonificate non ci sarebbero roghi e neanche fumi tossici. Francamente non capisco neppure la posizione delle associazioni territoriali che hanno chiesto a gran voce gli sgomberi dei campi abusivi ma che ora fanno poco o nulla per difendere i cittadini che reclamano il diritto di respirare aria e non diossina.
L’ultima considerazione su questi sgomberi indiscriminati e ostinati è che, attraverso di questi, si cerchi di mettere rimedio alla carenza strutturale della sicurezza pubblica che non garantisce ai cittadini la difesa della persona e della proprietà. Tutti noi dovremmo guardare ai Rom come persone bisognose che sono qui da noi alla ricerca di una vita migliore e se tra loro si nasconde qualche delinquente è compito delle forze dell’ordine assicurarlo alla giustizia senza tentennamenti. Non è colpendo il più debole e il più indifeso indiscriminatamente che si risolve il problema. Siamo certi che più avanti scopriremo che la maggior parte dei reati presenti sul territorio continueranno a proliferare anche in assenza del popolo Rom. Un po’ di solidarietà e, soprattutto, rispetto reciproco e metà del problema sarebbe risolto. Basta poco che ce vò?
Sono certo che molti dei miei lettori non condivideranno tutto o in parte il contenuto del mio articolo; auspico che il mio punto di vista sia rispettato da tutti voi così come io ho sempre fatto nei confronti di tutti.

Antonio Barcella
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