BASF – Salvaguardare i livelli occupazionali o tutelare la salute dei cittadini e il territorio?

22 maggio 2014 – I fatti di questi giorni, che hanno portato la magistratura e gli enti preposti ad effettuare controlli accurati sulla fabbrica della BASF posta nel Polo Tecnologico di Case Rosse/Settecamini, ci hanno condotto a porci la domanda: dare la priorità alla salvaguardia dei livelli occupazionali dei lavoratori o tutelare per prima cosa la salute dei cittadini e il territorio? È il solito dilemma che si pone quando si abbandonano le compiacenze e i controlli di facciata sulle industrie e cominciano a venir fuori le conferme di alcuni sospetti. Successe a Seveso, è accaduto recentemente a Taranto e, nel nostro piccolo, accade anche al Tiburtino. Noi non abbiamo alcun dubbio: la priorità deve essere data in primo luogo alla vigilanza sul rispetto della legge che garantisce la vita e la salute di chi risiede in questo territorio. Abbiamo visto troppe volte scoprire le magagne quando i danni erano già fatti e la gente morire per l’inefficienza o, peggio ancora, la complicità tra politica e mondo imprenditoriale. Il lavoro è certamente importante e deve essere fatto di tutto per salvaguardare gli impiegati e gli operai della BASF, come quelli di migliaia di altri lavoratori che ogni giorno rischiano l’occupazione, ma non si deve fare questo a prescindere dal resto. È compito della politica trovare soluzioni che garantiscano i diritti degli uni e degli altri ma senza sacrificare la tutela della salute insabbiando o alterando l’esito dei controlli.
È notizia di poche ore fa che la polizia locale di Roma Capitale ha posto sotto sequestro il laghetto di pesca sportiva antistante la BASF a causa dell’inquinamento delle acque, lasciando il sospetto nei cittadini che il grado di contaminazione del territorio ha raggiunto perfino le falde acquifere. Le stesse acque che irrogano i campi posti nei dintorni che producono ortaggi che finiscono inevitabilmente sulle nostre tavole. La stessa aria velenosa che, noi del Tiburtino, respiriamo ogni giorno perché il “cielo non ha confini”.

“19 maggio 2014 - Sciascia, IV Municipio: non disperdere il lavoro svolto finora dal tavolo di concertazione tra Comune, Basf e lavoratori dell'azienda - Già da tempo è stato istituito un tavolo di confronto che ha coinvolto il Municipio, gli Assessorati competenti di Roma Capitale, i vertici di Basf, i lavoratori e i Comitati per salvaguardare i livelli occupazionali e mitigare l'impatto ambientale sul quartiere, attraverso l'ipotesi di una delocalizzazione. Consapevoli dell'iter avviato nel 2012 e in attesa dei risultati dei controlli avviati dall'Istituto Superiore di Sanità, riteniamo che si debba continuare a lavorare insieme all'Amministrazione capitolina perché tutti quei posti di lavoro non vadano persi, dando allo stesso tempo una risposta concreta alle esigenze del territorio. Nel pieno rispetto per le indagini in corso sulle attività della Basf, chiedo che si tenga in considerazione la necessità prioritaria di salvaguardare i lavoratori e la salute dei cittadini. Il nostro impegno su questo tema è continuo e costante, già domani saremo dall'Assessore Caudo per un incontro con i sindacati sul tema Basf".

 

21 maggio 2014 - I COMITATI CITTADINI - Carissimi cittadini, nelle ultime ore, a pochi giorni dal “blitz” del 12 maggio scorso, si stanno susseguendo eventi molto gravi che riguardano la presenza dell’inceneritore di rifiuti tossici e nocivi BASF a via di Salone. Ieri mattina i vigili urbani hanno posto sotto sequestro il laghetto di pesca sportiva antistante la BASF a causa dell’inquinamento delle acque. Abbiamo rilanciato su facebook i link ai mezzi di informazione che hanno diffuso la notizia e trovate alla fine di questa email un riepilogo dei link principali. Alle famiglie che vivono grazie a questa attività commerciale rivolgiamo la nostra solidarietà poiché anche loro, come noi tutti, sono vittime di questa assurda situazione. Però questa notizia non arriva del tutto inattesa: ragionevolezza e buon senso bastavano a far temere il peggio e probabilmente quella che è stata scoperta è solo la punta di un iceberg. Sotto via di Salone ci sono le antiche sorgenti dell’Acqua Vergine, ufficialmente non potabile ma tuttora utilizzata a fini di irrigazione e per alimentare numerosi monumenti di Roma come per esempio Fontana di Trevi. Anche per questo i Comitati, opponendosi alla farsa dei controlli inefficaci, promossi e organizzati dall’ex-amministrazione Zingaretti ed ancora portati avanti dai burocrati della attuale amministrazione commissariale, hanno richiesto, tra le altre cose, che si effettuasse un “monitoraggio permanente integrale” che includesse biomonitoraggi, carotaggi del terreno e analisi approfondite delle falde acquifere. I sigilli al laghetto sono scattati dopo che controlli condotti dall’ARPA nei mesi scorsi hanno rivelato una concentrazione superiore ai limiti consentiti di sostanze molto inquinanti e cancerogene quali tricloroetano, tribrometano, dibromoclorometano, bromoclorometano ed il pericolosissimo nichel. A proposito del nichel, ricordiamo che la stessa Provincia di Roma ha autorizzato di recente BASF a trattare in via di Salone anche i catalizzatori al Nichel-Platino, senza che alcuna autorità sanitaria facente capo al Comune sia intervenuta per opporsi. Abbiamo informato di tutto questo i Cittadini nelle assemblee pubbliche ed i Cittadini hanno risposto partecipando e protestando in Piazza SS. Apostoli, davanti la Provincia, contro questa assurdità. Speriamo sia ormai chiaro a tutti il modo in cui vengono concesse le autorizzazioni. Sul sito web dei Comitati, nonché nelle disponibilità dei Comitati stessi, vi è ampia documentazione che supporta fondati sospetti di inadempienze, controlli palesemente carenti, ingiustificati presupposti per la concessione di autorizzazioni allo stabilimento. Tornando ai fatti recentissimi, sotto il profilo giudiziario, due dirigenti della BASF risultano indagati per avere, si legge nel capo di imputazione, «...gestito ingenti quantitativi di rifiuti mediante illecita attribuzione di codici CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) in uscita dall'impianto al fine di consentirne lo smaltimento in assenza di autorizzazione specifica», nonché per aver «contaminato terreni e falde acquifere circostanti e sottostanti l'area interessata dallo stabilimento» ed aver «aperto un nuovo scarico discontinuo di acque reflue industriali senza autorizzazione (…omissis…)». Sono imputazioni agghiaccianti che ci preoccupano molto per la gravità dei fatti, indipendentemente dalle dirette responsabilità degli interessati, che sarà la magistratura ad accertare. Sotto il profilo politico, alcuni eventi molto preoccupanti negli ultimi giorni hanno contribuito ad aumentare la sfiducia e lo scetticismo verso chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini. Le preoccupazioni principali riguardano il cosiddetto tavolo per la delocalizzazione. Vi rendiamo partecipi di quanto ci è stato espressamente detto, cioè che la trattativa che il dott. Lo Bianco (Assessorato all’Urbanistica) sta portando avanti pone la “convenienza economica” dell’operazione come principale vincolo di ammissibilità della stessa, oltre alla naturale salvaguardia dei livelli occupazionali. Per la tutela della salute degli abitanti il Dr. Lo Bianco ci ha detto che se ne stanno occupando gli Assessorati competenti. Ma non ci sembra che ciò stia accadendo. Infatti non è stato ancora avviato, da parte dell’Assessore alla salute (dott.ssa Rita Cutini) e dell’Assessore all’Ambiente (dott.ssa Estella Marino), l’altro tavolo che doveva porre la salute dei cittadini al centro della questione con la partecipazione dei Comitati. Questo tavolo parallelo ci è stato promesso nell’incontro con il Sindaco Marino a novembre, ma non è mai partito. Gli Assessori hanno scritto lettere, avuto incontri con tutti tranne che con i Comitati, ignorando perfino una nostra richiesta di accesso agli atti, nonostante fatta con diffida di rilevanza penale. Speriamo che il dott. Lo Bianco, supportato efficacemente dal Presidente dalla Regione, On Zingaretti, chiuda al più presto positivamente la trattativa sulla delocalizzazione che sembra vada per le lunghe (ricordiamo che l’AIA imponeva un piano di delocalizzazione già a Dicembre 2013). A rincarare la dose, pochi giorni fa il signor Francesco D’Ausilio, capogruppo PD presso l’assemblea capitolina, aveva diramato un comunicato in cui dichiarava come “prevalente” sul diritto alla Salute la salvaguardia delle attività economiche e dei posti di lavoro nel sito di via di Salone. Il D’Ausilio. a seguito della dura replica dei Comitati, resa nota a voi con la precedente mail, e dei recenti fatti di cronaca, ha poi rivisto la propria posizione tramite un’email ai Comitati, che per trasparenza abbiamo riportato nel file allegato, dichiarando che il diritto alla Salute è “imprescindibile”. Meno male. Evidentemente certi nostri politici devono far pace con se stessi e tra di loro: mentre l’Assessore Estella Marino la scorsa estate dichiarava il processo di delocalizzazione “ineluttabile”, il capogruppo della sua stessa parte politica mette paletti che comprimono il diritto alla Salute di migliaia di cittadini. Le notizie del blitz, del successivo sequestro e dell’indagine giudiziaria in corso hanno evidentemente portato prudenza e più saggi consigli, ma la questione che vogliamo presentare alla Politica è: serve un magistrato per far capire che un inceneritore di rifiuti tossici e pericolosi non sia compatibile con un tessuto urbano densamente abitato, e con un asilo nido posto a soli 300 metri di distanza? La domanda che come Cittadini rivolgiamo a tutte le Istituzioni quindi è: “Oggi che se ne sa un po’ di più, cosa intendete FARE già da domani?”

Antonio Barcella
www.collianiene.org
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