Colli Aniene – come una città di frontiera del vecchio far west
19 novembre 2010 – Il periodo critico relativo alla sicurezza che stiamo vivendo nel nostro amato quartiere è, per certi versi, paragonabile a quello delle città di frontiera del vecchio far west americano che abbiamo visto documentato sui film delle saghe prodotte da una certa cinematografia di successo. Anche noi abbiamo i nostri pionieri che vanno ad abitare una terra di frontiera lontana da qualsiasi presidio di cavalleria (forze dell’ordine) ma con ben tre villaggi indiani piuttosto turbolenti (accampamenti rom) che non riescono ad integrarsi nella nuova realtà e generano attriti e conflitti con il vicinato ma ancora più spesso tra loro stessi. Non mancano le scorribande di fuorilegge provenienti dai vicini territori perché i banditi conoscono bene che in questa zona non c’è sceriffo e la cavalleria impiegherebbe troppo tempo ad intervenire. Spadroneggiano nel territorio colpendo l’inerme cittadino che, purtroppo, non ha una colt per difendersi. Tornando agli indiani sono di tribù (etnie) diverse: apache (romeni), sioux (serbo-croati) e navajos (francesi). Abitano nelle loro capanne senza preoccuparsi dello smaltimento dei propri rifiuti, rifiutando l’integrazione, vivendo ai margini della legge e si distinguono per il loro cattivo rapporto con l’uomo bianco. Producono fumi che non servono per le comunicazioni ma solo ad inondare di tossicità loro stessi e i loro vicini. In base ad un vecchio trattato vivono “provvisoriamente” da 15 anni in una riserva ma non comprendono la legge dell’uomo bianco con tutte quelle restrizioni che la loro cultura non accetta. Alcuni indiani ribelli rifiutano completamente la legge ed escono dalle loro riserve solo per compiere scorrerie, razzie e per usare la violenza contro la gente più debole. Sono una minoranza, è vero, ma questo non evita che gli occhi dei pionieri li osservino in maniera ostile: purtroppo gli uomini non riescono a distinguere gli indiani buoni da quelli cattivi. Come in tutti i film western è pressoché impossibile differenziare la vittima dal persecutore, perché in una terra di frontiera è tutto ancora da scoprire, da costruire e la legge non è ancora arrivata. Siamo certi che in questa storia le vittime siano sia gli indiani che i pionieri mentre l’unico colpevole è l’apparato statale che ha creato il problema. Purtroppo, il vittimismo fa in modo che più di qualcuno possa ritenersi libero dai vincoli di civiltà e di rispetto reciproco. Il pioniere non perde la speranza perché sa che un giorno arriverà la cavalleria anche a Colli Aniene a mettere ordine e a ripristinare il rispetto della legge. L’indiano non ha neppure questa speranza perché in cuor suo sa bene che dovrà consegnare le sue tradizioni e la sua cultura al progresso che avanza, lo sanno per certo i loro figli che desiderano che questo avvenga, non lo accetta l’indiano ribelle che non vuole cedere la sua libertà alle restrizioni della civiltà dell’uomo bianco. Per tentare di trovare una soluzione al problema, i cittadini hanno mandato una delegazione (i comitati) a Washington (dalle istituzioni) ma ancora una volta la storia ci insegna che il parlamento americano è troppo lontano dal far west (le periferie romane) e non capisce i problemi di chi si sente abbandonato.
P.S. Apprendiamo ora la notizia che il fortino One Hundred Cells (il Commissariato di Centocelle) ha abbandonato il proprio presidio.

Commenti

20-11-2010. Complimenti per lo stile con il quale è stato steso il testo! Evidenzia il gravissimo problema delle emergenze derivanti dalla presenza del campo nomadi.

Forse tutti noi residenti potremmo inondare di lettere di protesta civile il municipio per segnalare in modo continuativo il disagio ai nostri sordi governanti.

Saluti cordiali

Luisa

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