A due anni dal rogo di Colli Aniene è rimasto solo l’abbandono
istituzionale
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3
giugno 2025 - Il 2 giugno non è solo una festa
nazionale è anche il secondo anniversario del rogo
di Colli Aniene che colpì un grande edificio di via
D’Onofrio con la tragedia che ne seguì per chi abitava
in quel condominio. Perdere in un attimo la dimora di una
vita è una cosa che non auguriamo a nessuno. Nei mesi
successivi all’incendio abbiamo assistito ad una passerella
istituzionale con tante promesse e quella frase “nessuno
verrà lasciato da solo”. Ma sono bastati pochi
mesi per politici e amministratori locali per dimenticare
tutto e lasciare le persone a vivere da soli nelle loro difficoltà.
Roma è stata sempre una città solidale ma nella
gestione di questa sciagura ha abbandonato tutti i suoi tradizionali
principi di sostegno degli altri negando qualsiasi tipo di
aiuto.
In questi casi è bene ricordare quello che è
accaduto, qualche coscienza si potrebbe risvegliare per rendere
concrete le promesse di assistenza alle famiglie che non sono
mai state effettuate, e Enrico P. lo ha voluto fare attraverso
un post pubblicato su Facebook che noi vi riportiamo integralmente:
«Per molti il 2 Giugno è la festa della Repubblica,
per me è una data inesorabilmente legata all’incendio
della casa dei miei genitori a Colli Aniene.
Il due giugno di due anni fa durante i lavori di ristrutturazione
del 110%, a cui mi ero pure opposto, un incendio si sviluppava
su un troncone dell’edificio devastando due corpi scala, uccidendo
un uomo e intrappolando 12 persone all’interno.
Mia madre che si trovava a casa al 6 piano, il penultimo,
è uscita dall’appartamento in fiamme e si è
messa nel corpo scala, li non c’erano mobili che bruciavano.
Ma non si poteva scendere, anche perché le fiamme provenivano
dal basso.
Vi è stata per venti minuti o forse più e poi
è stata salvata dai Vigili. Ora guardate la foto, posizionatevi
al penultimo piano, se riuscite a vederlo, e immaginate voi
di stare venti minuti li dentro. Quando gli ho chiesto cosa
pensava in quegli istanti mi ha detto: sai c’era tanto fumo,
al limite sarei svenuta e sarei morta così, dormendo.
Secondo i Vigili del Fuoco la temperatura all’interno degli
appartamenti ha superato i 500 gradi, ha danneggiato la struttura,
le pignatte esplose e tutti i ricordi di una vita cancellati.
Nei giorni successivi all’evento vi è stata una sfilata
d’istituzioni. La frase più detta: “nessuno
verrà lasciato da solo”, ripetuta come un
mantra catartico ma in realtà è proprio quello
che è successo.
Questa città che noi raccontiamo come mutualistica,
solidale e accogliente è in realtà una città
atroce, in cui ci si deve salvare da soli.
Dopo una settimana di terapia intensiva, mia madre è
uscita dall’ospedale. La soluzione prospettata dalla Protezione
Civile un albergo a La Storta. Mia madre già affetta
da una grave disabilità e con l’obbligo di ossigeno
h24 sarebbe dovuta andare a la Storta, da sola. Una soluzione
inaccettabile. D’altro canto la Protezione Civile che offre
assistenza per i 45 giorni successivi agli eventi stanzia
80 euro a nucleo e con quella cifra si trova questo in città.
Avrei potuto prendere un B&B vicino casa mia per poterla
assistere almeno i primi giorni, pagare io la differenza e
presentare la fattura, ma nulla la Protezione Civile opera
per bandi, bisogna rispondere ad un Bando e si può
accedere solo a strutture accreditate.
Nel mio libro “Verso una Politica della Casa” che il prossimo
anno farà 10 anni e in cui anticipavo molti dei temi
che oggi si discutono in città come l’Agenzia sociale
per le locazioni e l’Osservatorio sulla Condizione Abitativa
scrivevo: Roma, Capitale del G7 e centro della cristianità,
non può essere messa in crisi per lo scoppio di una
bombola di gas. Ma è realmente quello che succede.
Durante una presentazione del libro Spin Time mi si avvicinò
una donna con gli occhi gonfi di lacrime e mi disse: è
la mia storia. Dopo che la sua casa è stata devastata
da una esplosione di una bombola, un evento che come è
facile intuire può mettere in ginocchio una famiglia,
è stata costretta a vivere in occupazione.
Ancora oggi Roma non ha un sistema d’accoglienza per le famiglie,
ancora oggi Roma non ha un sistema per l’emergenza abitativa.
Forse ne dovremmo discutere…
Ps: dopo due anni l’edificio è ancora sotto sequestro.
Mia madre che è ancora in ossigenoterapia vive in un
appartamento in affitto e ancora nessun aiuto ci è
stato dato. (Enrico P.)»
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